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Autobiografia


Matteo Jamunno, 1983.
Nasce a Napoli, cresce a Bolzano, fuoriesce a Vienna.

YOMER è il soprannome che mi sono dato alle medie. Crescere a Bolzano chiamandosi Jamunno non è stato facile, ero conosciuto come Il Terrone, quello che veniva da Napoli. Un giorno però iniziarono a chiamarmi Yomo, data l’affinità sonora con Jamunno. All’epoca andavano i Simpson, forse erano all’ottava stagione e Homer era davvero il più figo di tutti, così storpiai Yomo in Yomer e adesso lo scrivo tutto grande per credere di più in me stesso.

In internet ho usato yomersapiens perché era sempre libero su qualunque piattaforma social. Ricordo la prima pagina su Fotolog, in cui facevo storie di miei cloni che combattevano tra loro. Ricordo MySpace e quel periodo in cui le band lì sopra ci diventavano quasi famose. Ricordo Facebook, anche se è durata pochissimo perché mi ci sono tolto nel 2009. Poi ecco che arrivòTumblr e lì sì che mi ci sono impegnato, cercando di fare qualcosa di valido e a dire il vero tutt’ora torno a scriverci quando mi prendo male. Instagram e il resto sono arrivati dopo. Spotify è dove metto la musica, ma non lo so usare. Di recente ho scoperto TikTok ed è proprio come lo descrivono: una cazzata inutile di cui mi drogo.

Ho iniziato a scrivere alle superiori, ammorbavo le mie ragazze di allora e la mia professoressa di filosofia con le tristissime poesie che scrivevo. Poi non sono mai riuscito a smettere del tutto.
Ho iniziato a fare musica più o meno nello stesso periodo, prima come rapper, e per fortuna ho smesso subito, poi come rock grunge, poi metal crossover, poi alternative, poi indie, poi rockabilly, poi elettronica, poi cantautore. Insomma a un certo punto ho smesso di definire cosa stavo facendo e mi sono semplicemente messo a fare.
Capita spesso che mi chiedano di realizzare progetti artistici e quando capita mi commuovo.

Vivo a Vienna dal 2013. Il tedesco lo sapevo già da prima ma dopo tre birre non ce la faccio più mi viene male alla testa e passo all’inglese. Sicuramente è una città stupenda, i viennesi sono anche in gamba quando decidono di farsi conoscere e dopo 7 anni iniziano quasi a salutarmi. Di certo non è il luogo ideale dove fare musica in italiano ma vabbè, non sono mai stato uno capace di compiere scelte intelligenti.

Non so molto di quello che accade in Italia, per scelta. Della musica che gira, di chi sta diventando famoso grazie ad internet. Di chi fa ridere oggi. Sono fermo a Mai dire Gol, quando c’era Claudio Lippi, e comunque dopo Guzzanti niente vale la pena di essere guardato. Ogni giorno mi incazzo un poco con Dio per averci portato via Massimo Troisi. Forse sono davvero snob, o forse sono solo pigro. Il fatto è che non riesco a farmi piacere le cose scontate e che avrei potuto fare io. Gli unici artisti contemporanei che ascolto sono rapper della nuova generazione black americana e loro spaccano di brutto.

Non riesco ad indossare scarpe che non siano completamente nere. Anche la suola. Mi sembra di attirare l’attenzione. Il che è un ossimoro dato che adoro stare al centro dell’attenzione. Non riesco a indossare indumenti dai colori accesi. O magliette con grafiche o scritte divertenti sopra, sempre per lo stesso motivo. Ho comprato una maglietta abbastanza colorata e adesso la gente mi sorride per strada e spesso vogliono anche parlarmi. Dovrò sbarazzarmi della maglietta.

Mi infastidiscono gli estremi, credo nella via di mezzo.
Credo nei 50 giorni da orsacchiotto.