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Cose strane e come affrontarle


Merano, San Vigilio 2019

Workshop realizzato con Metamorphosis e Angelika Burtscher

Il workshop si è svolto nell’arco di cinque giornate con un concerto finale. L’idea era quella di affrontare un viaggio attraverso le proprie paure e uscirne fuori più forti, tutti quanti insieme. I partecipanti erano i bambini del quartiere San Vigilio di Merano. Un quartiere noto per la diversità culturale di cui è popolato e per i pochi stimoli offerti. Lavorando lì mi sono reso conto del potenziale assurdo che c’è in quella zona. Bambini che a 9 anni parlano già tre lingue. Famiglie multiculturali con esperienze tra le più diverse. Per fortuna da qualche tempo l’Upad Merano si sta occupando di valorizzare la zona attraverso interventi sul territorio sempre più interessanti e settimanali.

Mi è stato chiesto di scrivere una canzone con loro.
Il percorso è stato strutturato attraverso tappe specifiche, ogni giorno con un tema e una ricerca da compiere.

Primo giorno

Per riuscire ad affrontare un viaggio attraverso le proprie paure conviene partire armati. Così ci siamo presentati e abbiamo parlato delle nostre forze. Di quello che ci piace di noi. Incredibile vedere quanto i bambini riescano ad essere spavaldi. C’erano i velocissimi, i fortissimi, i bellissimi, gli intelligentissimi. Quasi nessuno ha dimostrato insicurezze. Li ho invidiati tanto.
Una volta raccolti i punti di forza abbiamo formato tre gruppi: Forza, Coraggio e Saggezza.
Si sono divisi quasi autonomamente. Ogni gruppo doveva lavorare su un oggetto da creare. Un oggetto simbolico che diventava lo strumento di difesa durante il viaggio. Forza aveva la spada e sono venute fuori spade stupende. Coraggio aveva lo scudo e ogni scudo era capace di difendersi da ogni attacco. Saggezza aveva il libro e c’è stato chi ha scritto magie all’interno.

Secondo giorno

Lo abbiamo passato a raccontarci quello che ci spaventa. Quali sono i nostri mostri.
Le paure sono state annotate su un muro e poi disegnate nella piazza.
Pensavo che la morte sarebbe uscita molto più facilmente invece solo un bambino ne ha parlato. Un altro bambino ha detto di essere terrorizzato dai cani tunisini perché sono i più cattivi tra tutti i cani del mondo. Hanno parlato della paura delle altezze, dei ragni, dei serpenti e delle lumache.
È stato davvero bello vedere trasformare la piazza. Gli abitanti del quartiere si sono dimostrati felicissimi. Ho visto una grandissima capacità grafica quando due bambini hanno disegnato la loro paura delle altezze.
Il gruppo aveva raggiunto quasi i tredici partecipanti ed era sempre più difficile tenerli a bada, così il giorno stesso siamo andati a fare un giro dei luoghi più spaventosi del quartiere. Un’altra parte del gruppo, invece, è rimasta nella zona laboratorio a realizzare delle maschere per lo spettacolo finale.

Terzo giorno

Era stata prevista come la giornata “cuscinetto”. I giorni precedenti avevamo parlato di noi, delle nostre forze e di quello che ci spaventa, dei nostri mostri. Adesso bisognava lavorare su quello che volevamo dire nello spettacolo finale.
Ho lavorato singolarmente con ogni bambino, raccogliendo più informazioni riguardo i loro interessi e la loro persona, così da poter essere di aiuto nella stesura iniziale di un testo. Inutile dire che è stata durissima. Alcuni si sono dimostrati partecipativi al massimo e con un grande talento musicale. Altri erano restii ad aprirsi e toccava a me riuscire a risolvere la loro timidezza.
Ci siamo scontrati e presi in giro. A fine giornata ero esausto e con pochissima fiducia nella riuscita del workshop. Ma dovevo solo dormirci sopra perché il giorno dopo mi sono svegliato con un sacco di idee pronte per essere condivise.
Nel frattempo su i giornali parlavano già di quello che stavamo facendo.
Mentre io ero impegnato singolarmente con i bambini, i gruppi venivano aiutati a concludere i loro strumenti da Angelika Burtscher e Alessandra Podestà. Il loro aiuto è stato essenziale e mi ha permesso di potermi completamente concentrare sulla stesura del testo.

Quarto giorno

Sono arrivato da loro con gran parte dei testi pronti. Durante la notte avevo capito che la mano che serviva doveva essere più consistente e avevo tutte le informazioni che mi servivano per proporre qualcosa in grado di piacere a tutti. Vedere il sorriso su i loro volti quando leggevano delle semplici rime che parlavano di loro è stata la spinta necessaria per fargli guadagnare fiducia in se stessi. Uno alla volta sono venuti da me e insieme abbiamo discusso e modificato la canzone seguendo i loro voleri.
Poi, in completa autonomia, hanno passato il resto della giornata a provare il testo e a sfidarsi con il canto. I conflitti che avevano avuto fino ad allora si sono risolti. Nessuno litigava più, anzi, se possibile si sostenevano a vicenda e hanno dimostrato un’immensa curiosità verso i testi altrui. Quasi come non si conoscessero. Attraverso la musica erano diventate persone nuove.
Uno di loro, che aveva già dimostrato talento musicale, quel giorno è arrivato tardi con un testo scritto da solo che ci teneva a farmi sentire. Sono stato felicissimo di questa iniziativa. Purtroppo il giorno dopo non è potuto venire al concerto finale dato che il padre lo ha portato a lavorare con lui.

Quinto giorno

Lo abbiamo passato a preparare il concerto finale. Tutto il quartiere ha partecipato, aiutandoci a creare il palco e collegare le casse per far uscire la musica. I bambini hanno indossato le loro maschere e le armi che avevamo costruito insieme. Alcuni erano pronti già da subito, altri hanno aspettato fino all’ultimo prima di lasciarsi andare. Ho chiesto loro che base volessero usare e ha vinto la Trap, che è un genere musicale che va davvero tantissimo tra i bambini. La partecipazione del quartiere è stata unanime. Tutti volevano festeggiare insieme a noi la conclusione di questo viaggio attraverso le paure. Hanno cantato, ballato, saltato in giro per tutta la piazza dove le paure disegnate per terra stavano iniziando a scomparire.



Il workshop è stata una delle esperienze più intense della mia vita. Mi ha fatto capire l’importanza dell’impegno sociale, anche dove non pensiamo sia necessario. Offrire stimoli ai bambini e soprattutto, parlare con loro apertamente di quello che ci spaventa, è stato un insegnamento per entrambe. Penso sia utile mostrare che anche un adulto può avere paura e che non c’è niente di male nel parlare di quello che ci rende insicuri. Che la musica serve proprio a questo: a tirare fuori quello che ci opprime dentro.

Il concetto relativo al workshop sarà usato con nuove e diverse tipologie di gruppo.
Sono in contatto per la fascia d’età 13-15 anni, vorrei lavorare con un gruppo di anziani e scrivere con loro poesie, sogno di poterlo portare nel carcere di Bolzano e insieme ai detenuti scrivere lettere alle loro famiglie.